Piatti tipici della Toscana

Piatti tipici della Toscana

La Toscana è una terra contadina. In Toscana ci sono tesori custoditi in austeri musei oppure a disposizione di tutti, passeggiando per le strade delle nostre belle città. Alcuni tesori sono nelle dispense delle cucine, come spiego in questo articolo e potete gustarle combinate in specialità culinarie ricche di sapori genuini. Vediamo insieme alcuni piatti tipici dalla mia bella regione e che potrete gustare durante il vostro soggiorno a La Scuola di Furio. Ricordatevi che io, mio fratello, i miei genitori e i miei nonni siamo nati in Toscana, quindi Walter e io, che siamo "buone forchette", ce ne intendiamo e siamo sempre disponibili se volete un consiglio su dove andare per mangiare una certa specialità. Siamo sempre felici quando i nostri ospiti tornano a La Scuola di Furio e ci dicono "Walter, Tiziana, vogliamo mangiare un'ottima bistecca, ci prenotate nel ristorante che ci avete consigliato l'anno scorso?". La Toscana offre una vasta gamma di piatti per tutti i palati. La Toscana contadina si ritrova in molti piatti della tradizione. Vediamone alcuni, divisi come se fossimo al ristorante: antipasti, primi piatti, secondi piatti, piatti unici e dolci. Ricordo che la cucina tipica toscana è fondamentalmente “dell’orto” e “di riciclo”, quindi di grande attualità di questi tempi in cui abbiamo riscoperto l’importanza dell’ambiente e anche vegetariani e vegani potranno trovare tra i nostri piatti tipici caratteristici pietanze di loro gusto. ANTIPASTI Crostini toscani Semplici e fatti con interiora di pollo (fegatini). Pane toscano “sciocco” e salsa di fegatini di pollo. Una tipica ricetta di origine contadina, chiamati anche “crostini neri” tutt’oggi vengono preparati in tutta la Toscana, con numerose varianti. La preparazione classica prevede l’uso dei soli fegatini di pollo. A una base di soffritto (in una padella mettiamo a scaldare un cucchiaio per commensale di olio extra vergine d’oliva. Mettiamo in padella le verdure - cipolla, carota, sedano – che avremmo già tritato finemente al coltello. Stufiamo dolcemente. Il soffritto sarà pronto quando la cipolla sarà dorata e morbida) aggiungiamo i fegatini puliti, sgrassati e macinati. Sfumiamo con del vino (alcuni usano il vin Santo). Spalmiamo la salsa ottenuta su un crostino di pane duro (mio nonno Spartaco adorava i crostini bagnati con il brodo, una delizia che dai nonni per Natale non mancava mai!) e il piatto è pronto. Alcuni non amano questo piatto perché avvertono un gusto troppo forte di fegato. Se questo succede può darsi che sia da attribuire a dei fegatini non sgrassati a dovere, un buon crostino non sa mai troppo di fegato. Crostini toscani - Sagra della Polenta a Palle Fettunta Nei miei ricordi di bambina, una versione semplificata della fettunta era una merenda casalinga (beh, all’epoca le merendine erano un lusso). Oggi e per tutti, la fettunta è un piccolo grande classico, soprattutto quando in autunno c’è l’olio novo e tutti si riuniscono attorno al tavolo per assaggiare le olive raccolte. Si tratta di semplicissime fette di pane abbrustolite alla griglia, strofinate se si vuole con aglio e cosparse generosamente di olio extravergine di oliva, sale e chi lo gradisce, pepe. L’ideale è consumarle ancora calde ma di solito non c’è pericolo, spariscono in un lampo!    Una bella merenda sotto l'olivo con fettunta e vino rosso Foto: Antonietta Bacci Finocchiona “sbriciolona” La finocchiona ha un profumo inconfondibile! È un insaccato tipico toscano di carne di maiale macinata, aromatizzata con semi di finocchio e bagnata con vino rosso. Pare che anche Niccolò Machiavelli ne fosse ghiotto! La sua origine affonda le radici in un tempo in cui la carne poteva deperire rapidamente, se non conservata sotto sale o essiccata e allora prendeva un cattivo odore e un cattivo sapore. Per par passare carne quasi guasta per buona, alcuni macellai pensarono di confondere le idee ai clienti mischiando alla carne dei semi di finocchio, che sono molto aromatici. Ovviamente adesso questo salume viene prodotto seguendo ferree regole igieniche. Una sua variante è detta “sbriciolona” perché si sbriciola quando la si taglia. È diffusa nella zona del Chianti Classico, tanto che due Comuni fiorentini, Campi Bisenzio e Greve in Chianti, ne rivendicano la paternità. Finocchiona toscana Lardo di Colonnata Colonnata è un paesino piccolissimo tra le montagne delle Alpi Apuane a pochi chilometri da Carrara, raggiungibile inerpicandosi su per una strada piena di curve strette e con una incredibile piccola piazza centrale, Piazza Palestro, tutta lastricata in marmo di Carrara e con una lapide in memoria degli anarchici “uccisi sulla strada della Libertà”. Il lardo di Colonnata è un salume IGP, cioè di indicazione geografica protetta (identifica un prodotto originario di una regione e di un paese le cui qualità, reputazione, ricetta e caratteristiche si possano ricondurre all’origine geografica, e di cui almeno una fase della produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvenga nell’area delimitata). La sua particolarità è che la stagionatura avviene in conche di marmo di Carrara strofinate con aglio, mettendo strati alternati di pepe, cannella, chiodi di garofano, coriandolo, salvia e rosmarino. Questa stagionatura, che dura tra i 6 e i 10 mesi, conferisce al lardo una sua particolarità organolettica unica. Può essere utilizzato come ingrediente in piatti di carne e pesce. Da toscana, mi piacciono le cose semplici e per me una fettina di lardo di colonnata che si scioglie su una fetta di pane caldo è la morte sua.  Uno dei piatti da me gustati al Ristorante Venenzio a Colonnata Panigacci Che cosa sono i Panigacci? I panigacci sono originari dell'area della Lunigiana e in particolare del paese di Podenzana, dove un consorzio tra i ristoratori Sono un cibo antico e semplice, il cui impasto è composto da acqua, farina di grano e sale. Però farli in casa è un po' complicato, visto che si usano dei testi di terracotta (vedi foto) impilati e messi nel forno a legna! I testi dei panigacci ripieni di impasto pronti per essere cotti I panigacci sono pronti per essere gustati Per fortuna adesso per gustare queste specialità non è necessario recarsi nei ristoranti o alla "sagra del panigaccio" di Podenzana, si possono acquistare anche al supermercato, in confezioni sottovuoto. C'è chi li cuoce in acqua bollente li condisce con del buon pesto di basilico o altri sughi, come i testaroli. Io preferisco consumarli come secondo piatto, ben riscaldati in forno o nel tostapane (bastani 3 minuti) e accompagnati da salumi e formaggi a pasta molle. Si piega il panigaccio ancora caldo in due e si imbottisce con i vostri ingredienti preferiti, tipo panino. Io avevo in casa olive, salamino toscano, bocconcini di formaggio affumicato, salamini e burrata di bufala quando ho scattato questa foto. I panigacci sono ottimi per uno spuntino veloce e gustoso Prosciutto toscano DOP Il Prosciutto Toscano è un prodotto DOP, cioè di denominazione origine protetta. Si tratta di un prosciutto più salato dell’altrettanto famoso Prosciutto di Parma, perché stagionato coprendolo di sale e pepe. Da sempre i contadini in inverno macellavano le bestie ingrassate per un anno per produrre salumi per la famiglia, una tradizione di festa arrivata quasi fino ai giorni nostri. L’usanza è talmente antica che nel XV secolo, al tempo dei Medici, la produzione del prosciutto toscano venne regolamentata per l’intero processo produttivo. La regolamentazione era già così buona che l’attuale disciplinare di produzione ricalca quello dell’epoca dei Medici! Il processo di produzione del prosciutto toscano stabilisce che dopo una stagionatura di almeno 12 mesi il prodotto viene controllato e, se idoneo, marchiato a fuoco con il logo “DOP”. Il marchio Dop è regolamentato dalla normativa europea e indica un prodotto tipico locale che rispetta un certo tipo di lavorazione ed avviene in un territorio ben preciso, a cui è legato da diversi fattori storici e tradizionali. Prosciutto toscano DOP Salame toscano Ci sono salami di varie dimensioni e lunghezze ma hanno tutti una stessa caratteristica: la parte grassa viene macinata in grandi pezzi. La parte magra viene ricavata dalle cosce e dalle spalle del maiale, quella grassa dalla schiena. La parte magra viene tritata e lasciata riposare per circa 3 giorni a 0 gradi, poi unita ai cubetti di grasso. La pasta ottenuta viene insaporita con sale, pepe e aromi naturali. L’insaccatura avviene in budella naturali e la stagionatura, che dura circa 5 mesi, deve avvenire in appositi locali, con temperatura tra i 10 e i 12 gradi. Si tratta di un insaccato dal gusto delicato e saporito. Salame toscano Soppressata Da noi c’è un detto “del maiale non si butta via niente”. E alcuni dei prodotti fatti con gli scarti più poveri del maiale, soprattutto della testa (lingua, guancia, parti cartilaginose) e la coda amalgamando il tutto con le cotenne (parti più grasse del maiale), hanno un gusto delizioso. L’impasto viene ingentilito con spezie varie e, per dare una nota di fresco vengono aggiunte anche scorza di limone o di arancio. Si serve anche in insalata accompagnata da verdure crude come finocchi, carote e sedano) tagliate a fette sottili di questo salume.  Soppressata toscana Tonno del Chianti Ah, finalmente un piatto di pesce! Ma se nel Chianti non c’è il mare, come è possibile che ci sia il tonno? Oggi viviamo in un mondo globale dove, ahinoi, possiamo mangiare più o meno le stesse cose ovunque ci troviamo ma non dimentichiamoci che fino a pochi anni fa, la maggior parte delle persone non viaggiava molto e i cibi che venivano “da lontano” potevano anche costare parecchio. Credo che i miei nonni abbiano conosciuto il tonno solo in scatola! E allora, cosa è il tonno del Chianti? Niente altro che l'ennesimo piatto "povero" toscano con un nome esotico, che il tonno non l’ha visto nemmeno in fotografia. L’ingrediente principale è infatti la carne di maiale (lonza o spalla o coscia). Il pezzo di carne viene spurgato nel sale per circa tre giorni, poi cotta circa 5 ore con acqua, vino bianco, erbe e spezie (alloro, ginepro, pepe in grani e rosmarino). Una volta cotta, la carne sfilacciata a mano viene messa sotto olio (un ottimo conservante, usato fin dai tempi antichi, l’acidità dell’olio tiene lontani i batteri) in vasetti di vetro sterilizzati. Con questo procedimento la carne di maiale assume un sapore molto delicato ed una consistenza tenera che gli ha fatto avere questo nome, "tonno del Chianti". Ottimo piatto estivo, il tonno del Chianti viene servito freddo magari accompagnato da fagioli cannellini e cipolla fresca. Tonno del Chianti PRIMI Gnudi o malfatti VEGETARIANO A Firenze Gnudi, a Siena Malfatti, ovunque gustosi. Sono semplicemente il classico ripieno dei ravioli, senza la sfoglia! Altro piatto semplicissimo, con pochissimi ingredienti. Strizzate molti bene e tritiamo degli spinaci già lessati. Mescoliamoli in una ciotola con ricotta, un uovo, poco farina, de formaggio grattugiato, un pizzico di sale e una grattata di noce moscata. Lavoriamo bene gli ingredienti e quando il composto sarà compatto, modelliamo delle palline omogenee aiutandoci con un cucchiaino. Lasciamole riposare su un tagliere con un velo di farina 00. Portiamo l’acqua a bollore, saliamola e aggiungiamo un filo d’olio per non fare attaccare gli Gnudi. Cuociamoli per 2-3 minuti, scoliamoli e serviamoli ben caldi conditi con olio extravergine di oliva e una grattugiata di buon formaggio. Gnudi toscani, detti anche malfatti Pappa al pomodoro VEGAN Uno dei grandi classici estivi! Gli ingredienti sono semplici: pane raffermo, pomodoro, olio extravergine di oliva, aglio, basilico e sale. Tutti ingredienti facilmente reperibili negli orti e nelle case dei contadini toscani di una volta. Con delle verdure (sedano, carota, cipolla, qualche pomodorino e un po’ di prezzemolo) in acqua fredda prepariamo un brodo vegetale. In un tegame facciamo rosolare degli spicchi d’aglio nell’olio extra vergine d’oliva, quando saranno coloriti, mettiamo i pomodori pelati e un po’ di basilico spezzettato. Facciamo cuocere una decina di minuti schiacciando i pomodori con una forchetta e regolando di sale e pepe. Tagliamo il pane raffermo. Chi non ama l’aglio tolga gli spicchi dal sugo. Con il brodo ancora caldo “allunghiamo” la salsa, a cui uniremo anche il pane e il basilico. Facciamo andare il tegame per un’altra decina di minuti, mescolando ogni tanto. A me piace quando il risultato non è troppo liquido e posso riconoscere la consistenza della crosta del pane. Spengiamo il fuoco, lasciamo riposare per un’oretta. Serviamo calda, fredda o tiepida con un filo olio extra vergine d’oliva. Durante la preparzione, cantiamo “Viva la pappa col pomodoro” ovviamente! Pappa col pomodoro - Osteria Numero Uno, Ponte a Cappiano, Fucecchio FI  Pappardelle al sugo di cinghiale Questo piatto non si improvvisa! La sera precedente tiriamo fuori dal congelatore (dove l’avremo messa almeno una settimana prima), questo processo serve per rompere le fibre della carne che è, per sua natura poco tenera. Mariniamo la polpa di cinghiale (basterà lasciarla in infusione in frigorifero in una ciotola con dentro un litro di vino rosso e una cipolla, una carota, una costa di sedano, uno spicchio d'aglio e spezie come chiodi di garofano, pepe e/o bacche di ginepro) per una notte intera. Al mattino la strizziamo e iniziamo a lavorarla come richiede la ricetta. Una volta tagliata a bocconcini, la mettiamo a cuocere in una pentola su una base di soffritto. Aggiungiamo pomodoro e acqua e lasciamo bollire dolcemente per almeno tre ore. Aggiustiamo di sale e cuociamo le pappardelle in abbondante acqua salata, scoliamole al dente e saltiamole in padella con il sugo di cinghiale. Pappardelle al cinghiale - Osteria dei Centopoveri Via Palazzuolo, 31r Firenze  Panzanella VEGAN Alternativa alla pappa al pomodoro che non ha bisogno di cottura. Ideale nelle giornate estive caldissime, quando la sola idea di accendere i fuochi ci fa venire ancora più caldo. Piatto perfino menzionato dal Boccaccio nel Decamerone, che lo chiama pan lavato. Vediamo subito perché! La ricetta è semplicissima. Tagliamo a fette il pane raffermo e teniamo le fette a bagno per una decina di minuti, poi strizziamo bene il pane. Aggiungiamo gli altri ingredienti (direttamente dall’orto se siamo fortunati) pomodori, cetrioli e cipolla rossa tagliati secondo gusto, del basilico, olio extravergine di oliva, poco aceto di vino rosso, sale. Il piatto è pronto!  Panzanella Pici  I pici sono una pasta povera e contadina. Li fa mia Zia Fosca (lei li chiama anche lunghetti) e mi sono fatta dare da lei la ricetta. Consideriamo che ciascuna casalinga ha la sua ricetta, che può cambiare a seconda di cosa c’è in dispensa e che le quantità sono spesso “a occhio” (mia zia ha quasi 86 anni, io non ci discuto, si fa come dice lei): farina di semola di grano duro rimacinata 200 grammi mischiata con farina 00 100 grammi, acqua tiepida (la zia la fa bollire e poi raffreddare un poco), olio extravergine di oliva, 1 uovo, sale quanto basta. Si impasta fino a comporre un panetto, che facciamo riposare un’ora. Appiattiamo poi il panetto con il mattarello a circa un centimetro e poi tagliamo in strisce spesse circa un centimetro. Prendiamo con le dita della mano sinistra l’estremità di una striscia e teniamola un po’ sollevata dalla spianatoia: col palmo della mano destra strusciamola rotolandoci sopra, mentre con la sinistra tiriamola dolcemente per allungarla. Se tutto va bene, ci ritroveremo con degli spaghettoni. Bolliamoli in abbondante acqua salata aggiungendo un cucchiaio di olio extravergine di oliva per non farli appiccicare durante la cottura (6-8 minuti). Scoliamoli al dente, buttiamoli in padella col condimento già caldo, girando o saltando pochissimo. Pici fatti a mano Pici cacio e pepe Questo condimento, di per sé povero e contadino, è tornato di moda negli ultimi anni. Prepariamo un fondo di scaglie di pecorino in una padella piuttosto grande, scaldandolo con olio extravergine di oliva, un po’ di pepe, aggiungiamo un po’ di latte, quanto basta per amalgamare il pecorino. Aggiungiamo i pici, un pizzico di pepe, spolveriamo con il parmigiano grattugiato e aggiungiamo qualche scaglia di pecorino. Serviamo in tavola ben caldi, mi raccomando! Pici cacio e pepe Pici all’Aglione  I pici all’aglione sono un primo piatto molto rappresentativo della tradizione toscana (in special modo della Val di Chiana) “povera”. Poveri e comuni sulle nostre tavole sono gli ingredienti base: l’olio extravergine d’oliva, l’aglione di Chiana (una varietà di aglio riscoperta relativamente di recente, che è più grande e ha un sapore meno marcato rispetto all’aglio comune. L’aglione della Valdichiana può essere coltivato solo in 8 Comuni della Vadichiana aretina, Foiano della Chiana, Cortona, Lucignano, Marciano della Chiana, Civitella in Valdichiana, Monte San Savino, Castiglion Fiorentino ed Arezzo e in 8 Comuni della Valdichiana senese, Montepulciano, Torrita di Siena, Sinalunga, Chiusi, San Casciano dei Bagni, Chianciano, Sarteano e Cetona), i pomodori (meglio se appena colti nell’orto), poco vino bianco, sale. Prendiamo una bella padella che possa contenere tutti gli ingredienti, versiamo 4 o 5 cucchiai di olio extravergine d’oliva, mettiamoci l’aglione schiacciato e mezzo bicchiere di vino bianco (chi non ama il vino può allungare il sugo con l’acqua), copriamo la padella e cuociamo a fuoco moderato per circa un quarto d’ora. Schiacciamo di nuovo l’aglione (deve essere ben sminuzzato), versiamo il pomodoro e aggiustiamo di sale. Cuociamo ancora a fiamma più bassa, fino a che il sugo non sarà della consistenza che desideriamo. Esiste anche una versione per chi proprio dell’aglione vuol sentire solo il profumo e poco più. Seguire la ricetta lasciando l’aglione intero, in modo da poterlo togliere senza problemi. Pici all'aglione Ribollita VEGAN La pappa al pomodoro sta all’estate come la ribollita sta all’inverno! È una zuppa i cui ingredienti erano semplicemente quelli a disposizione negli inverni di una volta. Fondamentale il cavolo nero che dovrebbe aver preso la gelata! Lasciamo i fagioli zolfini a mollo per 12 ore, poi mettiamoli in una pentola con acqua fredda con uno spicchio d’aglio e una costa di sedano. Cuociamo a fuoco lento e ogni tanto rabbocchiamo con acqua bollente. Facciamo scottare le foglie di cavolo nero in poca acqua, tritiamole grossolanamente e mettiamole in un tegame con le coste di sedano tritate, una patata tagliata a fette, due carote a rondelle, 6 o 7 pomodori tagliati in 4 parti e olio extra-vergine d’oliva. Rosoliamo un paio di minuti, poi aggiungiamo un ramaiolo d’acqua di bollitura dei fagioli e facciamo andare a fuoco lento una mezz’ora. Torniamo alla pentola dei fagioli. Dopo un paio d‘ore passiamo una metà dei fagioli, lasciando l’altra metà in caldo da parte. Mettiamo la loro acqua nel tegame dove stanno cuocendo le verdure e facciamo andare per una mezz’ora. In un altro tegame di coccio, bagnate col brodo, mettiamo delle fette di pane, un po’ di fagioli interi, un po’ di verdure, fette di pane e così via. Adesso decidiamo se mettere questo secondo tegame in forno a 130 gradi per 30 minuti tenerlo coperto, per tre quarti d’ora su un fuoco molto dolce. La ribollita si mangia calda o tiepida e deve essere densa e avvolgente. Deve il suo nome al fatto che un tempo le famiglie contadine erano molto numerose e le cose da fare in casa e fuori erano moltissime. Quindi di venerdì, giorno di digiuno la ribollita veniva preparata in grandi quantità, e poi consumata nei giorni successivi. Per riscaldarla veniva fatta ri-bollire. Ribollita toscana Testaroli VEGAN Pasta antichissima, nasce in Lunigiana (nord ovest della Toscana). Chi desidera comprarla già fatta non avrà problemi a individuare subito al mercato o al supermercato (ora sono molto più comuni di un tempo) le tipiche confezioni rotonde giganti, tanto grandi che di vendono arrotolate. Sono disponibili anche confezioni più pratiche, con i testaroli già tagliati in maniera irregolare. Gli ingredienti sono semplicissimi: farina, acqua e sale. Si chiamano Testaroli perché la prima cottura dell’impasto avviene in un “testo” di ghisa (un tempo di argilla) e una volta pronti si presentano come dei dischi di pasta porosa sottile. Poi viene tagliata a pezzetti e cotta nell’acqua. La loro porosità permette di assorbire molto bene il sugo. Essendo un piatto tipico della Garfagnana e Lunigiana, i sughi di accompagnamento sono di funghi, alle noci (pestare 2 chicchi di sale grosso, noci, un po' di basilico, formaggio e olio extra vergine di oliva) oppure pesto di basilico, come usa nella vicina Liguria o un sugo di funghi. Un enorme vantaggio dei testaroli è che cuociono in pochissimo tempo, solo TRENTA secondi. Quindi sono ideali per placare la fame di bambini urlanti impazienti.   I testaroli sono un primo piatto semplicissimo e super veloce. Nella foto, i miei testaroli al pesto. SECONDI PIATTI Bistecca alla fiorentina Mi fa sempre sorridere quando leggo che la bistecca è un piatto tipico della tradizione toscana. Chiarisco. Accetto (con malcelato entusiasmo) che questo piatto sia toscanissimo (tendo a non ordinarlo fuori dalla Toscana) ma non riesco a non pensare che i miei nonni, i loro genitori e i loro nonni la bistecca la mangiavano davvero raramente, forse mai. Era un piatto da ricchi, i contadini non potevano certo permettersi la carne, e nemmeno i piccoli artigiani. La bistecca alla fiorentina deve avere precise caratteristiche. Deve essere alta almeno 3 dita, meglio 4 (minimo 5 o 6 centimetri), col filetto, frollata 4 settimane. Nessuna marinatura, nessuna punzecchiatura, cotta al sangue (2 cose. Se siete al ristorante e il cameriere vi chiede come volete la cottura, scappate subito e MAI voi dovrete insistere per averla media o “ben cotta”). La si condisce con sale, pepe (qualcuno anche ginepro) e olio extravergine di oliva a crudo al momento di servirla. Al ristorante, dovrebbe essere mostrata al tavolo prima della cottura e sarebbe bene che al tavolo venisse rilasciato uno scontrino certificante il peso della bistecca. La bistecca alla fiorentina cucinata come si deve non dovrebbe rimanere fredda dentro ma raggiungere una temperatura interna di 37/38 C°. Un buon cuoco capisce quanti minuti una bistecca deve cuocere e quanto deve riposare stando in piedi al caldo vicino al fuoco. La bistecca alla fiorentina richiede una lunga masticazione, che provoca un prolungamento della masticazione, che aumenta la salivazione, che viene compensata dal tannino presente nel vino rosso, che asciuga la bocca. Ecco spiegato perché l’abbinamento bistecca alla fiorentina – Chianti. Le razze bovine comunemente utilizzate dai ristoratori fiorentini per la bistecca alla fiorentina sono: Limousine (prezzo al pubblico sui 45 euro al Kg), Chianina (prezzo al pubblico sui 55 euro al Kg), Maremmana, Scottona, Croata (prezzo al pubblico sui 48 euro al Kg).   La bistecca che ho mangiato al Ristorante Coco Lezzone di Firenze Fegatelli fucecchiesi  I fegatelli si cucinano in tutta la Toscana, essendo un piatto di origine contadina, con molte varianti legate al territorio e a ciò che offre. A Fucecchio vengono preparati infilzando la carne di maiale non tritata ma tagliata a tocchi con un rametto di finocchio. Del maiale si utilizza non solo il fegato ma anche il magro e lo strutto come la tradizione contadina. Si tratta ancora oggi di un piatto irrinunciabile della cucina tipica toscana. Si prepara preparando un trito con aglio, salvia e fiori di finocchio. Aggiungiamo sale e pepe mescolando bene. Rotoliamo in questo condimento i pezzi di fegato e di magro, formando ogni fegatello con due pezzetti di magro di suino con in mezzo un pezzetto di fegato. La carne viene tenuta insieme, come fosse uno spiedino, da un rametto di finocchio selvatico. Facciamo fondere lo strutto a scaldare in un tegame di coccio oppure d'acciaio e poi immergiamoci i fegatelli in modo che restino coperti ed esca solo il rametto. Appena inizia a bollire, abbassiamo la fiamma e cuociamo a fuoco moderato per circa mezz'ora. Se non consumati subito, i fegatelli hanno la caratteristica di conservarsi a lungo sotto lo strutto (che è un conservante) circa un mese a temperatura ambiente e addirittura un anno in frigorifero. Francesina/Lesso rifatto La francesina è l’ennesimo piatto del riciclo, tipico della gastronomia toscana. Questa volta si tratta di una pietanza che non prevede l’uso del pane raffermo, anche se fare la scarpetta (inzuppare il pane) con la francesina è una delle cose che più mi piace! La francesina si prepara semplicemente tagliando a pezzi del lesso di carne bovina (al netto degli scarti). Spelliamo, tagliamo in due e affettiamo non troppo sottilmente le cipolle. Proprio dalle cipolle inizia la preparazione della francesina. Mettiamo sul fuoco una padella con olio extra-vergine d’oliva, uniamo le cipolle, aggiustiamo di sale, copriamo e abbassiamo la fiamma. Controlliamo spesso, le cipolle devono cuocere bene, non bruciare! Possiamo anche aggiungere un po’ d’acqua se lo riteniamo necessario. Quando le cipolle sono diventate trasparenti e ridotte di volume, uniamo dei pomodori pelati lavorati grossolanamente con una forchetta e un paio di foglie di alloro. Alziamo la fiamma, cuociamo per 5 minuti e poi aggiungiamo la carne. Adesso abbassiamo il fuoco, aggiustiamo di pepe e lasciamo andare per una decina di minuti dopo aver aggiunto anche del brodo. Serviamo calda, ma anche fredda è buonissima. Come ogni piatto di cucina povera che si rispetti, il ricettario è influenzato dalla fame, dalle bocche da sfamare e da cosa abbiamo in dispensa. Molto diffusa è anche la variante con le patate.  Germano reale del Padule di Fucecchio in umido  Fucecchio dà il nome all'area umida interna più grande d'Italia, il Padule di Fucecchio, una spettacolare distesa bonificata da Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena, granduca di Toscana, poi imperatore del Sacro Romano Impero come Leopoldo II. Il Padule di Fucecchio è un territorio ricco che ospita numerose specie di flora e fauna. Il germano reale uccello è l’uccello simbolo del Palude Fucecchio, con l’alzavola e il bozzoletto. Cucinato è ancora oggi un piatto prelibato che si può trovare in qualche trattoria. Per prepararlo dobbiamo fiammeggiare il germano reale, sventrarlo conservando il fegatino e tagliarlo a pezzi. Mettiamo sul fuoco un tegame con l'olio extravergine di oliva toscano a un battuto di sedano, cipolla, aglio, rosmarino, salvia e prezzemolo. Accendiamo il fuoco e, appena il battuto inizia ad appassire uniamo il germano e il fegatino. Aggiustiamo di sale e di pepe e facciamo rosolare bene a fiamma moderata aggiungendo del brodo caldo se la carne dovesse risultare asciutta. Dopo circa un quarto d'ora uniamo il bicchiere un bicchiere di vino rosso, lasciamo evaporare e aggiungiamo del pomodoro diluito con una tazza di acqua calda. Proseguiamo la cottura per circa un'ora sempre a fiamma moderata. Poco prima di terminare la cottura spolpiamo alcuni pezzi di germano e tritiamoli insieme al fegatino con la mezza luna, poi rimettiamo il tutto nel tegame completando la cottura. In questo modo avremo il sugo per il primo piatto, per esempio delle tagliatelle all'uovo e il secondo, servito col fondo di cottura. Rosticciana La rosticciana (o rostinciana) è semplicemente una striscia di costolette di maiale cotta alla brace, spennellata con olio extravergine di oliva usando un rametto di rosmarino (ramerino) come pennello. Tutto qui, poi, a cottura ultimata viene divisa in singole costolette.  Trippa Ennesimo, prelibatissimo piatto povero, tipico della cucina toscana, con un ingrediente di scarto già apprezzato ai tempi dei Greci e dei Romani. La trippa, anzi le trippe come dicono più correttamente in altre parti d’Italia, compongono l’apparato digerente dei bovini macellati, che si divide in quattro parti: tre prestomaci (rumine, reticolo e omaso) e lo stomaco vero e proprio (abomaso). Il lampredotto tipico di Firenze si fa con l’abomaso, la trippa alla fiorentina con il rumine. Fondamentale per un’ottima riuscita di un piatto molto goloso è la materia prima. Nei mercati e nelle macellerie la maggioranza delle casalinghe toscane che sanno lavorare usano la trippa bianca già tagliata e precotta (le nonne usavano la trippa semilavorata intera, forse più gustosa ma più lunga da preparare, al giorno d’oggi la catena di conservazione è fondamentale e la precottura garantisce una maggiore igiene. La trippa alla fiorentina si prepara tagliando a listarelle la trippa dopo averla comunque lavata molto bene e con acqua e limone. Facciamo il solito soffritto con un trito di cipolle, aglio, sedano e carota e olio extravergine di oliva, aggiungiamo la trippa, poi i pomodori pelati e lasciamo cuocere molto lentamente per un’oretta fino a fare evaporare l’acqua della trippa e quella dei pomodori, quando nel tegame rimane un sughetto dalla consistenza deliziosa. Aggiustiamo con sale e pepe. La leggenda dice che il giorno dopo la trippa alla fiorentina sia buonissima. Non dico che non sia vero, dico solo che è un’esperienza che non ho mai fatto! Un mito da sfatare: la trippa non è grassa. 100 grammi, infatti, contengono poco più di 100 calorie. Ehm, anche se una spolverata di buon formaggio sopra ci sta proprio bene… Trippa fiorentina - Osteria dei Centopoveri Via Palazzuolo, 31r Firenze  PIATTI UNICI Cacciucco Zuppa di pesce tipica di Livorno ma esiste anche una versione viareggina. Zuppa di pesce povero, con anche crostacei e molluschi, in genere polpi, seppie, cicale, scorfani, con l’aggiunta di salsa di pomodoro e vino che ha avuto origine dal pesce che rimaneva invenduto sui banchi del porto. Il vero cacciucco ha poca polpa è un piatto difficile da proporre oggi. La versione livornese contempla pesce di scoglio, quella viareggina prevede pesce di sabbia. Il cacciucco livornese ha un sapore più deciso, si fa con il soffritto, con l’aglio il pesce non si sfiletta e in cottura si usa anche il vino. Quello di Viareggio è più leggero, niente soffritto, niente aglio e il pesce è tutto diliscato. A Livorno è obbligatorio accompagnarlo con un rosso, a Viareggio è concesso anche un vino bianco. Tutte e due le versioni si gustano impiattando la zuppa in una scodella in cui abbiamo messo delle fette di pane raffermo (e, a Livorno, agliato).  Una pentola piena di cacciucco fumante alla Cantina Senese a Livorno Lampredotto A riprova che la cucina toscana tradizionale è povera, fatta di scarti, di pane avanzato e di parti non pregiate, il lampredotto è il principe dello street food fiorentino da sempre. In giro per Firenze ci sono chioschi e banchi che propongono questo gustoso panino con successo, sia ai fiorentini che ai turisti. Piatto poverissimo, il lampredotto è il risultato di una prolungata cottura di uno dei quattro stomaci dei bovini. Letta così più far senso, ma davvero la cottura ne stempera molto il gusto, infatti viene bollito per in acqua con pomodoro, cipolla, prezzemolo e sedano. Nei chioschi dei lampredottai possiamo gustarlo al naturale, con la salsa verde al prezzemolo o con la salsa rossa, più piccantina. Viene servito in un panino bagnato nel brodo, messo in una pratica bustina di carta anti macchia.  DOLCI Brutti ma buoni ai pinoli Detti anche Kinzica, i brutti ma buoni ai pinoli sono pasticcini a forma di pallina, fatto con pasta di pinoli. E’ molto morbido e spugnoso, esternamente viene spolverato con zucchero a velo e avvolto da pinoli interi su tutta la sua superficie. Come lascia intuire il nome Kinzica (l’insonna principessa pisana Kinzica dei Sismondi in una notte dell'anno 1404 salvò Pisa dai pirati saraceni avvistando le loro imbarcazioni al largo della città della torre pendente), questo dolcetto è tipico della provincia di Pisa (il pinolo pisano del Parco di Migliarino San Rossore, frutto dai pini domestici della macchia mediterranea, che conferiscono al dolcetto un particolare sapore aroma di resina, è particolarmente pregiato e apprezzato per la sua forma allungata) ma anche a Fucecchio.  I dolcetti Kinzica, fatti dal Panificio Simone Bernardini di Fucecchio (con i pinoli buoni!) Brigidini di Lamporecchio I brigidini di Lamporecchio per me significano fiera e festa. Sono delle cialde color giallo oro, spiegazzate come foglie, sottili e larghi circa 6 centimetri. Gli ingredienti sono: zucchero, farina, uova ed essenza di anice, che gli conferisce il caratteristico sapore. Devono il loro nome alle monache del convento di Santa Brigida di Pistoia, che li inventarono nella metà del XVI secolo. Adesso reperibili facilmente anche al supermercato, si riconoscono perché sono confezionati in una busta lunga in plastica trasparente. È molto divertente vederli preparare davanti ai nostri occhi alle fiere di paese alle sagre e ai mercati. Adesso sono fabbricati da un macchinario che schiaccia una certa quantità di impasto su una forma in alluminio calda, con un disegno caratteristico in rilievo. Una pala fa accartocciare le calde, già cotte ma ancora morbide, per cui non esiste un brigidino uguale a un altro!  Cantuccini con le mandorle Cantucci, cantuccini o biscotti di Prato, chiamateli come volete, sono sempre buoni sono cotti due volte (bis-cotti) in quanto si fa una prima informata amalgamando gli ingredienti (farina, zucchero, uova, mandorle intere e non spellate e olio di oliva o miele) e formando un filoncino che viene cotto parzialmente. Poi viene tolto dal forno e tagliarlo a fette spesse un dito in modo. Si ultima la cottura infornando i biscotti singoli. Buoni anche da soli, a volte sono un po’ duri. Per ovviare a questo inconveniente si inzuppano in un vino liquoroso che è un’altra specialità toscana, il Vin Santo (il Vin Santo non ha niente a che vedere con la Chiesa e i suoi Santi. Secondo alcuni il nome deriva da un fatto accaduto durante il Concilio di Firenze del 1439, quando il metropolita greco Giovanni Bessarione bevve una coppa di vin pretto -schietto, non annacquato- ed esclamò: "Questo è il vino di Xantos!". Forse il gusto gli aveva fatto tornare in mente il vino liquoroso di Santorini, un vino fatto con uva sultanina pressata. Una piccola curiosità. A volte troviamo scritto “vin santo di caratello”. Il caratello è una botte da 100 litri. Canticcini tipici toscani fatti dalla mia amica Stefania Fierli Castagnaccio Già la parola castagnaccio evoca l’autunno e i primi freddi. Questo dolce tipico, che mia nonna chiamava migliaccio, dà una bella carica di energia ed è molto semplice da realizzare. Mescoliamo farina di castagne, acqua, olio extravergine di oliva e pinoli in un impasto liquido, spalmiamo una teglia con olio extravergine di oliva e poi versiamo l’impasto. Cuociamo in forno bel caldo. Il castagnaccio ideale è croccante sopra e sotto e morbido all’interno. Nella zona di Firenze, Siena e Chianti la ricetta tradizionale prevede anche il rosmarino. Adesso viene spesso servito con della ricotta spalmata sopra. Castagnaccio toscano Parente stretti del castagnaccio sono la Patona o Castignà della Lunigiana (simile me più sottile), i necci (delle frittellina tipo pancakes ripiegate in due e riempite di ricotta) popolari in lucchesia e nel pistoiese e il toppone livornese (più rozzo, alto e usato più che altro per riempire lo stomaco a poco prezzo). Cavallucci I cavallucci hanno questo nome romantico perchè si dice venissero mangiati nelle stazioni di posta, quando i viaggiatori e i corrieri si fermavano per cambiare cavallo. I cavallucci di Siena sono dolcetti tipici della tradizione natalizia toscana. Sono dei biscotti preparati con farina, zucchero e miele, a volte arricchiti con noci, canditi e diverse spezie. Non sono eleganti, hanno una forma tozza ma sono buoni e sanno di famiglia! Di solito sono un po' duretti e sono quindi un'ottima scusa per accompagnarli con un bicchierino di Vin Santo.  I cavallucci della Panetteria Simone Bernardini di Fucecchio Panforte di Siena Il panforte è un tipico dolce di Siena, fortemente associato al periodo natalizio. Ha origini molto antiche, almeno intorno all’anno 1000 d.C., e veniva chiamato Pane Natalizio, Pane Aromatico o Pan Pepatus (perché completamente coperto di spezie e pepe macinato). È un dolce ricco, fatto da ingredienti preziosi e molto nutrienti (arancia, cedro, melone, mandorle, droghe, spezie). Tanto che veniva preparato dagli speziali per ricchi mercati, nobili e appartenenti al Clero. Pare che il nome Panforte derivi dal gusto “forte” del dolce. Un tempo la frutta veniva seccata al sole. Se la preparazione non era perfetta e la frutta non del tutto secca, poteva succedere che la frutta continuasse a maturare e a marcire, per poi conferire al Panforte un gusto acidulo. Si ovviava a questo con l’aggiunta di abbondanti dosi di spezie e pepe. In occasione della visita a Siena della Regina Margherita, nel 1879, fu prodotto un panforte più aggraziato. Spolverato di zucchero a velo e non di pepe e senza melone. Pare che la Regina Margherita ne fu conquistata e non solo lei, visto che da allora la ricetta modificata è diventata quella tradizionale del panforte Margherita.  Il panforte del Panificio Simone Bernardini di Fucecchio Ricciarelli I Ricciarelli di Siena sono dei dolcetti a forma di chicco di riso base di farina di mandorle. Gli ingredienti sono semplici: albumi, succo di limone, zucchero a velo, farina di mandorle, aroma di mandorla amara, un baccello di vaniglia, la scorza di un’arancia grattata. La sera precedente montiamo gli albumi con un goccio di limone. Aggiungiamo lo zucchero a velo, la farina di mandorle e l'aroma di mandorla amara, i semini di vaniglia e la scorza di arancia grattata. Copriamo con la pellicola trasparente e lasciamo riposare per una notte in frigo. Il giorno sistemiamo il salsicciotto che faremo dell’impasto sul piano di lavoro cosparso di zucchero a velo. Tagliamo il salsicciotto in dischetti. Lavoriamoli con le mani fino a dare una forma ovaleggiante, spessa circa un centimetro e sistemiamo i futuri biscotti su una teglia foderata di carta forno. Bagnamoci le mani e tocchiamo ciascun ricciarello, in modo da inumidirlo e poi cospargerlo di zucchero a velo. Tagliamo l’ostia della forma tipica del ricciarello e poniamola sotto ciascun biscotto. Dobbiamo cuocerli in forno per meno di 20 minuti. Saranno ancora morbidi appena usciti dal forno ma una volta freddi saranno perfetti. A dispetto di chi dice che i ricciarelli sono buoni anche dopo qualche giorno, conservati in una scatola di latta, io li preferisco decisamente freschi. I ricciarelli Schiacciata alla fiorentina  La schiacciata alla fiorentina fa parte di quei sapori e profumi che, al solo pensarci, mi trasportano all’infanzia. Ai tempi non tutti i prodotti erano disponibili sempre. E la schiacciata alla fiorentina voleva dire una cosa sola: Carnevale! Dalla inconfondibile forma rettangolare, tutta spolverata di zucchero a velo e con un grande giglio fiorentino a campeggiare in cacao in polvere. La ricetta è semplicissima, anche se non ho mai avuto il coraggio di farla a casa! Lavorare la farina, lo zucchero, le uova con il lievito sciolto nel latte e dolo dopo aggiungiamo anche lo strutto e un po’ di sale. Quando avremo lavorato bene la pasta, ci ritroveremo con una massa molle ma elastica. Facciamo lievitare coperto fino al raddoppio del volume. Versiamo il composto nella teglia rivestita di carta forno e facciamola riposare per un’altra ora. Inforniamo a 180° per 30 minuti. Io sono golosa e adesso quasi tutte le schiacciate alla fiorentina vengono tagliate e farcite con crema o panna montata. Ma la mia preferita rimane quella senza ripieno, magari da accompagnare con del buon vin santo. Schiacciata di Pasqua fucecchiese La schiacciata di Pasqua fucecchiese è un dolce tipico che nasce nella seconda metà dell'800 nella campagna fucecchiese e nella piana della zona Pisana limitrofa. Si pensò di preparare un dolce da destinare le festività pasquali impiegando la sovrabbondanza di uova che c'era nel periodo della Quaresima. Il risultato è un dolce molto leggero e aromatico. Spesso si gradisce accompagnarlo con del vin santo. Torta co’ bischeri La torta co' bischeri dall'Aprile del 2007 ha un marchio registrato di proprietà dei Comuni di San Giuliano Terme e Vecchiano e un proprio disciplinare. La torta co’ bischeri è un dolce dalla forma tipicamente rotonda con dei singolari ripiegamenti sul bordo, detti appunti bischeri.  Ha una base di pasta frolla e un ripieno molto ricco a base di cioccolata, riso bollito, uvetta, uova, pinoli, frutta candita, noce moscata e liquore. Anche la torta co’ bischeri ha un’origine antica. Veniva già preparata per i pellegrini che accorrevano a venerare il SS. Crocifisso del Miracolo (immagine del 1200 che si trova dentro la Chiesa di San Michele Arcangelo a Pontasserchio).  Torta di Cecco Simile ma diversa dal conterraneo panforte, la torta di Cecco ha ingredienti diversi (Scorze candite di albicocca e arancia oltre che mandorle e nocciole tritate, zucchero, farina di frumento e spezie). La golosa copertura di cioccolato fondente la rende ancora più ghiotta. L’origine del nome è un po’ fumosa… A Siena Francesco diventa Cecco, quindi si sussurra che il nome sia un omaggio al brillante poeta Francesco, detto Cecco, Angiolieri uno dei più famosi figli di Siena. Nato in una famiglia di ricchi banchieri guelfi, Cecco Angiolieri conosce e frequenta Dante Alighieri ma conduce una vita spregiudicata che lo porta a morire pieno di debiti. Le sue opere ancora oggi sono attuali, i temi prediletti (le belle donne, il bere e il gioco d’azzardo) comprensibili a tutti. Forse ricorderete le sue Rime. Le più conosciute recitano: S'i' fosse foco, ardere' il mondo; s'i' fosse vento, lo tempestarei; s'i' fosse acqua, i' l'annegherei; s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo;   s'i' fosse papa, serei allor giocondo, ché tutti cristïani embrigarei; s'i' fosse 'mperator, sa' che farei? a tutti mozzarei lo capo a tondo.   S'i' fosse morte, andarei da mio padre; s'i' fosse vita, fuggirei da lui: similemente faria da mi' madre,   S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le vecchie e laide lasserei altrui. Gli intenditori consigliano di abbinare alla torta di Cecco, dal sapore così speziato, un buon vino liquoroso, magari con un retrogusto fruttato. Zuccherini di Carnevale di Fucecchio Gli zuccherini di carnevale di Fucecchio sono, già dall'800, il dolce di carnevale di Fucecchio. Pare siano un'invenzione delle famiglie contadine delle campagne di Fucecchio che li preparavano per i loro figli e li tenevano infilati in bastoni appesi nelle dispense per salvaguardarli dalla golosità dei ragazzi (e sospetto, anche da qualche topolino). Hanno due grandi pregi: si conservano a lungo visto che la pasta è assimilabile a quella di un biscotto secco e sono abbastanza semplici da fare. Disponiamo la farina a fontana e aggiungiamo zucchero, uova, burro, limone e arancia grattugiati, miele, poco sale, poco olio extravergine d’oliva, un paio di bicchierini di liquore e due bustine di lievito. Impastiamo il tutto e una volta ottenuto il panetto dividiamo l'impasto in striscioline da un etto circa. Formiamo delle ciambelline dal diametro di 6-7 cm e cuociamo in un tegame da forno a calore moderato per circa 10 minuti. Zuccotto fiorentino  Lo Zuccotto fiorentino è il re dei dolci da tavolo a Firenze. Le sue origini risalgono a Caterina de' Medici, regina consorte di Francia, come moglie di Enrico II. Pare che sia frutto dell’inventiva di Bernardo Buontalenti, l’architetto inventore del semifreddo e che il nome di zuccotto si debba al primo stampo utilizzato, un piccolo elmo chiodato chiamato appunto zuccotto usato dai fanti dell’epoca. La ricetta del tempo era sobria. Una cupola di morbido pan di Spagna bagnato completamente dall’alchermes (liquore che dobbiamo a Marco Polo, che riaprì le vie commerciali con gli arabi, fornitori di cocciniglia) che conferiva il caratteristico colore rosso, e farcito con ricotta con scorza di agrumi delle residenze medicee e della granella di cacao. Caduto nel dimenticatoio, torno improvvisamente di moda una novantina di anni fa.  Zuppa inglese La zuppa inglese ha questo nome esotico e origini misteriose. Tra i tanti che si contendono la sua invenzione c’è anche la città di Firenze, anzi, le colline che circondano il nostro capoluogo. Probabilmente l’aggettivo viene da un dolce inglese rinascimentale, chiamato “trifle”, fatto con crema e pan di Spagna tutto imbevuto di bevande alcoliche. Ricordiamoci che nella seconda metà del XIX secolo un terzo dei cittadini di Firenze era costituito da stranieri, la maggior parte dei quali erano anglosassone (per semplicità, chiamiamoli “inglesi”). Molti di questi ricchi inglesi avevano ville e case nelle campagne intorno a Firenze. Pare che una domestica, non volendo buttare via dei biscotti da tè e della crema “inglese”, da questi “avanzi” inventò la zuppa inglese. Preparare la zuppa inglese non è difficile. In uno stampo dobbiamo fare degli strati alternando pan di Spagna tagliato a fette di circa mezzo centimetro e bagnato con poco alchermes a uno strato di crema inglese, senza farina. I più ghiotti mettono anche delle gocce di cioccolato qua e là. Si continua fino a terminare gli ingredienti e si lascia riposare in frigo per qualche ora. Ottimo dopo cena o come merenda.

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